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Quelli che restano

 

 quelli che restano loghi webUn Amleto che non ha mai debuttato, la portineria di un condominio di Milano, una cameretta di un adolescente, una bicicletta che attraversa le vie deserte della città.
Anna, Toby, Tommaso e Lei abitano questi spazi nell'anno in cui tutto sembra essersi fermato.
Anna è custode di un condominio di una città del Nord, immigrata da Cagliari, che vive in guardiola, sola col suo gatto Lucio.
Toby viene dal Senegal, sta in un centro Sprar in attesa di ricevere asilo politico e fa il rider in bici.
Tommaso ha 17 anni e fa il liceo classico, è appassionato di cinema ed è uno youtuber in erba.
E infine c’è Lei, un’attrice che lavora in teatro e che vive con il suo compagno, panificatore amatoriale.
Diamo voce a ognuno di loro e al loro sguardo sul periodo del lockdown, che tanto a lungo ricorderemo tutti come un’esperienza particolare e segnante e che come tale si fa metafora e volano per guardare ben al di là dei confini di quel particolare momento, ma ci dà occasione di riflettere su cosa sia la comunità e cosa la solitudine e quali siano le priorità di ciascuno di noi, quale il sentire più profondo.

Quelli che restano è uno sguardo sulla vita di quattro persone come tante, come altre. Persone che, come tutti noi, sono state attraversate da questo anno difficile da dimenticare, un anno che ci ha messi davanti alla perdita, in tutte le sue forme. Ma, camminando in mezzo a quello che non c'è più, queste quattro vite guardano a braccia aperte a quello che resta, con un po' d'ironia e tanta tenerezza.
I nostri personaggi "restano" come restano gli alberi, che comunicano e si incontrano ad un livello sotterraneo, profondo, al livello delle radici, ed è questo livello radicale che abbiamo voluto andare a cercare e raccontare.

"La comunità rituale è una comunità dell'ascolto e dell'appartenenza collettivi [...] e proprio là dove scompare la vicinanza primordiale si comunica in maniera eccessiva. La comunità senza comunicazione cede il passo alla comunicazione senza comunità."
Byung Chul Han, La scomparsa dei riti

Uno spettacolo di e con Vanessa Korn
Regia Francesca Gemma
Video Umberto Terruso
Suoni e musiche originali FA.DE. Music Production
Poesia e voce registrata Francesca Gemma

2 e 3 Dicembre ore 20.30

Per prenotazioni scrivere a Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo.

Oppure acquista su https://www.vivaticket.com/it/Ticket/quelli-che-restano/194577

 

 

 Dicono di Quelli che restano

Da Paneacquaculture, DANIELA FRANCO

Cosa resta quando tante cose sono andate perdute?

Quattro vite raccontate nella costrizione all’isolamento e alla stasi della pandemia; quattro individui che, in quella sospensione, trovano lo spazio per guardarsi dentro e attraversare ciò che non è più. Vite che si fanno crepa, che imparano a guardare quelle fratture e cercare la chiave per riuscire ad albergare nella perdita.
(…)
Si snoda così il tema dell’inadeguatezza dell’essere, dove il rapporto con Amleto non vive soltanto nel pretesto narrativo, ma si palesa come chiave di volta dell’impianto drammaturgico.
La Korn entra poi con disinvoltura nel grembiule rosso di un’ironica donna dalle movenze sgraziate, una portinaia che ogni mattina propone l’appello degli abitanti del palazzo e vive modulando la sua quotidianità sulle esigenze dei condòmini e dell’inseparabile gatto Lucio, trovando, forse, la chiave di rifuggimento dalla solitudine.
La bolla della segregazione, che arresta il fluire della normalità, si manifesta anche attraverso la proiezione di filmati che si inseriscono nel racconto e fanno entrare il pubblico nella cameretta di un adolescente, un personaggio che offre uno scorcio di grande potenza sulla solitudine forzata vissuta dai più giovani nel periodo del primo lockdown.
(…)
Il ventaglio di personaggi proposto da Korn culmina con quello più emblematico, un rider, l’uomo solo. Lo straniero, che vive lontano dai suoi affetti, che telefona alla famiglia e mentre ascolta la voce di suo figlio, lascia trapelare, con delicatezza, tutta la sua fragilità.
(…)
L’interpretazione di Korn di Quelli che restano è energica, spigliata e incalzata da una potente urgenza comunicativa, capace di sintonizzarsi con il calore del pubblico che ha vissuto con grande empatia la performance.
(…)
I personaggi interpretati raccontano molto di noi, noi che assomigliamo, come loro, alle sagome del quadro futuristico di Boccioni, che probabilmente ispira il titolo dello spettacolo; è l’ultima delle tele complementari del trittico degli addii e racconta lo stato d’animo di chi rimane: tutti sembrano fermi, eppure evolvono, e suggeriscono un movimento vagante che cerca delle risposte, per riempire quel vuoto lasciato dall’assenza di chi è andato via.